Chi nasce al Sud Italia e decide di trasferirsi al Nord (o all’Estero) porterà avanti la propria scelta tra un mix di emozioni, a volte contrastanti.
Chiunque si sia allontanato dal proprio luogo d’origine avrà sicuramente sperimentato e conosce questi stati d’animo.
L’emigrazione interna Italiana è un fenomeno frequente. Ce lo dicono, anzi, ce lo urlano anche i dati: dal 2012 al 2021 ci sono stati 525 mila trasferimenti dal Sud al Nord Italia.
Io rientro tra le persone che si sono trasferite al Nord Italia per lavoro. E dal 2020 questa è la quinta estate di seguito in cui lavoro dal Sud Italia in remoto.
Onestamente per me lavorare dal sud rappresenta una svolta significativa nella mia vita personale e lavorativa. Perché mi ha permesso di non sradicarmi totalmente dalle mie origini e poter vivere la mia famiglia con più serenità.
Al momento non mi sento di tornare a vivere al Sud Italia permanentemente, perché a Torino ho trovato la mia dimensione ed i miei punti riferimento. Ma per me è un’opportunità non da poco riuscire a continuare a vivere per mesi pienamente la mia Calabria e la mia famiglia, a differenza delle 2 settimane di ferie che avevo in precedenza.
La mia personale esperienza non fa statistica, ma parto da questi 5 anni di southworking (estivi) per fare delle riflessioni più ampie su questa modalità di lavoro.
In che modo il South Working può rappresentare la svolta? Come può influire sulle famiglie divise tra nord e sud? Che opportunità può rappresentare per le aziende?
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Paradossale ma, in un paese come l’Italia in cui l’innovazione sembra fatichi ad attecchire, la pandemia ha rappresentato un’opportunità per dimostrare che è possibile svolgere anche da dipendenti, lavori digitali al di fuori degli uffici.
Così nel 2020 abbiamo iniziato a parlare (impropriamente) di Smartworking, lavoro remoto e South Working. Quest’ultimo ha avuto addirittura risonanza sul New York Times – The Pandemic Helped Reverse Italy’s Brain Drain. But Can It Last?.
Cosa significa South Working?
Il South Working è un fenomeno che ha permesso a molti Italiani, soprattutto giovani, di ritornare nei loro luoghi d’origine continuando a lavorare per aziende locate nel Nord Italia. Seppur nel 2024 sembra che la maggiorparte delle aziende siano tornate negli uffici in presenza, nel 2022 si è stimato che sono stati ben 45 mila lavoratori ad essere tornati a vivere e lavorare stabilmente dal Sud Italia. (Approfondimento: smartworking modello futuro)
Infatti, per chi lavora esclusivamente in full remote, il South Working è diventata una possibilità. Perché in remoto non ha importanza da dove si lavora. A patto che il luogo e gli strumenti ci permettano di svolgere il nostro lavoro in modo adeguato.
Il southworking permette di non sentirsi più costretti a dover scegliere tra la propria carriera professionale, il proprio futuro e la propria famiglia.
Come potrebbe influire il southworking sulle persone e le famiglie del sud
Il South Working ha il potenziale di influenzare profondamente la vita delle persone e delle famiglie nel Mezzogiorno d’Italia, con implicazioni che vanno ben oltre il semplice aspetto lavorativo.
Uno dei principali benefici potrebbe essere la possibilità di contrastare lo spopolamento delle aree interne e delle piccole città, fenomeno che ha afflitto il Sud per decenni a causa della mancanza di opportunità occupazionali.
Con la possibilità di lavorare da remoto per aziende locate in qualsiasi parte del territorio Italiano (e estero), molti giovani potrebbero decidere di rimanere o tornare nelle loro terre d’origine, portando nuova linfa vitale alle comunità locali e la crescita del territorio, contrastando la povertà, l’illegalità ed il degrado.
Oltre che favorire una maggiore unione familiare, permettendo ai lavoratori di trascorrere più tempo con i propri cari. Non si tratta semplicemente del valore della “famigghia” ma della tranquillità che deriva dalla consapevolezza di poter essere presente per i propri fratelli più piccoli o per i propri genitori anziani in caso di necessità.
Inoltre, il risparmio sui costi legati agli spostamenti e alla vita nelle grandi città potrebbe alleggerire il carico economico delle famiglie. Cosa non da poco considerando che ad oggi essere dei lavoratori emigrati al Nord, lontani dal sostegno delle proprie famiglie, forse non è più quel “sogno Americano” di decenni fa.
Quali vantaggi avrebbero le aziende a permettere il southworking?
I vantaggi del South Working si rifletterebbero anche per le aziende, come la riduzione dei costi operativi, in quanto le aziende potrebbero risparmiare su affitti di uffici, utenze e manutenzione. Oltre che riuscire ad assumere un talenti più diversificati, reclutando persone da diverse aree geografiche, indipendentemente dalla loro posizione.
Inoltre garantendo il lavoro remoto da qualsiasi parte di Italia, potrebbero avere una migliore retention dei dipendenti, poiché le aziende che offrono opzioni di lavoro flessibile e remoto tendono ad avere tassi di turnover più bassi, un elemento cruciale in un mercato del lavoro competitivo.
Infine, dal punto di vista della sostenibilità ambientale, il lavoro da remoto contribuisce significativamente a ridurre l’impatto ambientale diminuendo le emissioni di carbonio legate agli spostamenti. Questo aspetto è particolarmente rilevante per le aziende che hanno a cuore la loro responsabilità sociale.
Per cui, potenzialmente, le aziende che permettono di lavorare da remoto senza limiti sul territorio hanno vantaggi tangibili in termini di ritenzione dei dipendenti, produttività, riduzione dei costi e accesso a talenti, mentre promuovono un modello di lavoro che può stimolare lo sviluppo economico delle aree meridionali, migliorando le condizioni socio-economiche locali.
Quali sfide occorre ancora affrontare?
Nonostante i numerosi vantaggi offerti, sia per le persone che per le aziende, ci sono ancora dei limiti che potrebbero ostacolare il sogno di vivere al Sud.
In molte aree del Sud Italia, le infrastrutture sono ancora inadeguate. Ovviamente c’è molta differenza tra il lavorare da Catania o da un piccolo borgo in provincia. Infatti senza una rete infrastrutturale solida, il Southworking rischia di rimanere una soluzione limitata a determinate località, escludendo molte altre aree che potrebbero trarne beneficio.
La scarsa connessione internet e la mancanza di spazi di coworking adeguati rappresentano ostacoli significativi per chi non ha una casa di proprietà da cui lavorare e desidera essere efficiente.Questi fattori limitano il nomadismo digitale.
Inoltre in assenza di servizi pubblici adeguati, tornare al sud permanentemente rappresenta un’opzione allettante ma non troppo.Se alcuni di questi fattori dipendono dalla politica e lo sviluppo del paese, in parte è possibile agire. Il progetto Southworking.org mira a promuovere ed agevolare la remotizzazione, con lo scopo di ridurre il divario sociale ed economico del Sud Italia. Sul loro sito è possibile trovare una mappa dei presidi di comunità da cui è possibile lavorare.
Se avete altri progetti simili da segnalare vi invito a commentare o scrivermi in modo da promuovere iniziative e progetti tramite cui sarà possibile riuscire a superare in parte queste sfide e promuovere questo modello di lavoro.